Non solo Pnrr: le agevolazioni per le imprese nel Fondo complementare
Per raggiungere gli obiettivi fissati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, sono state stanziate risorse aggiuntive con uno strumento ad hoc. Ecco cosa c’è da sapere
La ripresa economica è iniziata, ma va sostenuta. Il cardine strategico del governo italiano è il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). La sua funzione non è solo quella di gestire grandi risorse, ma anche di indirizzare il Paese verso un’economia più solida ed evoluta. Per farlo, si integra con altri strumenti, tra i quali spicca il Fondo complementare nazionale. Ecco che cos’è, come funziona e perché è prezioso per le imprese.
Il fatto: cosa sta succedendo
Per reagire all’impatto del Covid, l’Unione europea ha messo in campo un piano finanziario massiccio, il Next Generation Eu. In quanto Paese più colpito dalla pandemia in termini economici, all’Italia è destinata la quota maggiore di risorse: 191,5 miliardi di euro per attuare il Piano nazionale di ripresa e resilienza, cui si aggiungono 13 miliardi derivanti dal React-Eu, dispositivo economico concepito per il rilancio a breve termine delle economie europee.
A queste risorse, poi, si deve aggiungere un ulteriore stanziamento, tutto italiano: 30,6 miliardi del Fondo complementare nazionale, strumento finanziato attraverso lo scostamento pluriennale di bilancio approvato nel Consiglio dei ministri del 15 aprile 2021.
In parole semplici: cosa vuol dire
Il Fondo complementare gestisce le risorse che supportano gli obiettivi del Pnrr. È stato creato per sostenere tutti quei progetti che per loro natura non potevano rientrare nel Next Generation Eu. Serve, in particolare, per accelerare la transizione digitale nelle Pubbliche amministrazioni e del sistema produttivo, valorizzando anche cultura e turismo. Tra gli stanziamenti proposti dal governo all’interno del Fondo complementare, per esempio, ci sono fondi ad hoc per il piano Transizione 4.0, in aggiunta a quelli già previsti dal Recovery plan, e risorse per l’alta velocità.
Il Fondo complementare serve per accelerare la transizione digitale nelle Pubbliche amministrazioni e del sistema produttivo, valorizzando anche cultura e turismo
Il Fondo complementare finanzia progetti in diversi ambiti, tra cui servizi e cittadinanza digitale, tecnologie satellitari, rinnovo flotte per bus, treni e navi verdi, un sistema di monitoraggio per il controllo da remoto delle infrastrutture pubbliche, riqualificazione dell’edilizia residenziale pubblica. E ancora: investimenti in ospedali e penitenziari, piani urbani integrati e servizi di cittadinanza digitale.
Gli effetti: perché ti riguarda
Il decreto che ha istituito il Fondo complementare, oltre a rifinanziare il Fondo sviluppo e coesione 2021-27 per 15,5 miliardi di euro, interviene su temi che toccano da vicino le aziende, come la proroga del superbonus al 110% e la Transizione 4.0, supportata con 5 miliardi di euro. È qui che le imprese sono davvero protagoniste: il Fondo, che sostituisce e accorpa i precedenti Impresa 4.0 e Industry 4.0, infatti, rappresenta l’indirizzo di politica industriale dell’Italia e ha come obiettivo, oltre alla ripresa economica del Paese e delle sue imprese, anche un’evoluzione in chiave digitale.
È previsto un credito di imposta anche per la Formazione 4.0, pensato per il consolidamento delle competenze necessarie per la transizione in azienda
In sostanza, sono previste diverse agevolazioni con l’obiettivo di incentivare lo sviluppo tecnologico. In particolare, alle imprese sono erogati crediti d’imposta, sia sui beni strumentali che per ricerca e sviluppo. È previsto un credito di imposta anche per la Formazione 4.0, pensato per il consolidamento delle competenze necessarie per la transizione in azienda. Si tratta quindi di risorse che saranno direttamente messe a disposizione delle imprese e spendibili immediatamente, non solo per ammodernarsi, ma anche per rispondere meglio alle sfide che la ripresa e il nuovo mondo digitale pongono.
Uno sguardo al futuro: cosa succederà
I nuovi incentivi coprono gli investimenti fatti a partire da novembre 2020 e per tutto il 2022. La fruizione dei crediti è disponibile nell’arco di tre anni, e deve essere indicata nella dichiarazione dei redditi da parte dell’azienda. Sul fronte della ricerca e sviluppo, il credito d’imposta vale il 20% delle spese che rientrano nel Fondo, fino a un massimo di 4 milioni di euro. Sul fronte della formazione, invece, il credito copre il 50% delle spese ammissibili e nel limite massimo di 300 mila euro per le micro e piccole imprese. Vale invece il 40% per le medie e il 30% per le grandi aziende.
La quantità di risorse erogate e i meccanismi di accesso rendono il Fondo complementare una sorta di braccio operativo del Pnrr
Le imprese che vogliono usufruire del credito d’imposta dovranno comunicarlo al ministero dello Sviluppo economico, in modo che il governo possa valutare l’andamento, la diffusione e l’efficacia delle misure. L’obiettivo non è (solo) quello di sostenere le imprese, reduci da un periodo complicato: consiste nella trasformazione dell’intero tessuto economico, in modo da rispondere in maniera più efficace alle sfide del presente e del futuro, oltre la pandemia. La quantità di risorse erogate e i meccanismi di accesso (che coinvolgono micro, medie e grandi imprese) rendono il Fondo complementare una sorta di braccio operativo del Pnrr. E un’occasione da non farsi sfuggire.
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Contenuto sponsorizzato da Vodafone Business Lab, tratto dal Corriere della Sera – Lavoro digitale