Dal web al negozio: perché i dati fanno bene alle aziende
Non tragga in inganno il nome: i Digital Analytics aiutano le imprese ovunque, non solo online. Ecco qualche esempio, per capire come e quanto siano importanti
Quando, nel 2012, un noto investitore americano disse che «I dati sono il nuovo petrolio» («Data is the new oil»), molti pensarono fosse una provocazione. Oggi, a meno di dieci anni di distanza, sappiamo che aveva ragione, eccome: i dati sono giacimenti di informazioni fondamentali per migliorare il proprio business. Ottimizzare la produzione, aumentare le vendite, migliorare il rapporto con i clienti: i Digital Analytics sono ormai una chiave decisiva per raggiungere il successo imprenditoriale.
Cos’è la Digital Analytics
Digital Analytics significa utilizzare i dati per comprendere il contesto e generare informazioni utili a prendere decisioni strategiche
Una delle definizioni più usate per descrivere la Digital Analytics è quella di Avinash Kaushik: «È l’analisi qualitativa e quantitativa dei dati del tuo business e della concorrenza, per portare un continuo miglioramento dell’esperienza online che i tuoi clienti e i tuoi potenziali clienti hanno, e che si riflette nei risultati che speri di ottenere (sia online che offline)». Non si limita quindi solo all’ambiente del web, ma è un’attività di raccolta, misurazione, analisi e reporting di dati che ha lo scopo di comprendere il contesto e generare delle informazioni utili a prendere decisioni strategiche: questo è un approccio data-driven al business.
Il mercato degli Analytics in Italia
Secondo l’Osservatorio Big Data & Business Analytics del Politecnico di Milano, il mercato degli Analytics in Italia non si è fermato neppure davanti alla pandemia: le piccole e medie imprese, pur vivendo mesi complicati, hanno proseguito l’avvicinamento alla Digital Analytics già in corso nel 2019. Nel 2020, infatti, una Pmi su due ha investito in analisi dei dati e solo l’8% ha bloccato investimenti già pianificati.
Le quote di mercato degli analytics divise per settore (2020)
Fonte: Osservatorio Big Data & Business Analytics, novembre 2020
Restringendo il campo alle sole medie imprese, lo scenario è ancora più promettente: ha investito il 61%, mentre solo l’1% ha fatto un passo indietro rispetto a quanto programmato. In altre parole: non si rinuncia agli analytics neppure in una situazione d’emergenza, a conferma di quanto siano diventati centrali. Anzi, di più: per il 22% delle Pmi, il Covid-19 ne ha valorizzato l’importanza, aumentando la consapevolezza di quanto sia rilevante l’analisi dei dati. Lo conferma il fatto che, nell’anno del coronavirus, una parte delle risorse interne ha dedicato più tempo alla gestione dei dati.
A cosa servono i dati?
I dati quantitativi (numero e frequenza di accesso a un bene o servizio online, geolocalizzazione, età e genere, azioni effettuate) o qualitativi (valori ed emozioni, modalità di fruizione, valutazione del servizio) raccontano un’azienda. E dicono molto sui clienti e sui partner di un’impresa. Possono servire ad aumentare le vendite (di un e-commerce ma anche di un punto vendita fisico), raccogliere potenziali nuovi clienti (lead generation); generare contenuti che portino maggior coinvolgimento; ottenere feedback sulla propria immagine di brand; migliorare l’esperienza dei clienti; conoscere i gusti delle persone; capire quali servizi offerti dall’azienda sono i più e i meno apprezzati e come mai. Questo a partire proprio dalla raccolta dei dati e dall’osservazione del comportamento di tutte le persone (e imprese) che ruotano attorno all’azienda.
Come si misurano i dati online
Sul web le operazioni chiave che compiono gli utenti, collegate a un preciso obiettivo di business, si chiamano conversioni: non c’è solo la vendita di un prodotto, ma anche l’acquisizione di un contatto, il click su un link, la visione di un contenuto oppure quando un utente si iscrive alla newsletter per avere ulteriori informazioni o scarica un coupon per uno sconto.
Il tracciamento è importante per riuscire a interagire, quasi in tempo reale, con quel tipo di azione: si può ad esempio suggerire subito un prodotto simile, segnalare che c’è un articolo nel carrello oppure offrire un contenuto che approfondisca un tema correlato. Rispondere a domande come «quanti clienti concludono con successo le azioni per noi importanti?» o «In che punto della navigazione hanno abbandonato il nostro sito?» è poi utile per migliorare prodotti e servizi, ma anche per scoprire se ci sono eventuali problemi tecnici come pagine non raggiungibili, link rotti, cali sul tasso di conversione o engagement (cioè sul coinvolgimento degli utenti e sulla frequenza delle loro azioni).
Il monitoraggio fuori dal web
Anche la vendita in un negozio fisico può generare dati digitali. La gestione del personale, la logistica, il servizio clienti, la gestione dei resi e delle promozioni sono tutte operazioni che traggono giovamento dalla Digital Analytics. Migliorare la customer experience (cioè l’esperienza che il cliente vive a contatto con l’azienda prima, durante e dopo l’acquisto) è il primo punto.
Per raggiungere questo obiettivo è necessario innanzitutto conoscere il cliente che sta entrando in negozio: soluzioni già molto diffuse come videocamere, totem interattivi e app, accanto a strumenti in crescita, come tracker di posizione (in grado di capire gli spostamenti dei clienti tra gli scaffali) e specchi intelligenti, aiutano le imprese a capire qual è stato l’ultimo acquisto dei clienti, cosa hanno visualizzato online prima di entrare in negozio. E ancora: quanto tempo restano nel punto vendita, se e quanto interagiscono con i commessi, che percorso fanno e sue quali articoli si soffermano. Nel grande universo dei dati, non ci sono più confini tra fisico e digitale.
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